lunedì 5 gennaio 2015

Storytelling: come raccontare una storia

Milano in una giornata di pioggia sembra avere meno fretta, come l'assonnata ragazza del bar all’angolo di via Crespi che mi chiede: Cappuccino normale o vegano?
Oltre i vetri appannati la facciata del Nuovo Teatro Ariberto è un foglio a righe bianche.
Narrare forse è una competenza, una narrability, forse anche un dono, una necessità, un lavoro, di sicuro è mettere in fila le cose, mettere ordine, ma non troppo, a volte è svelare e nello stesso tempo dissimulare, rinviare, variare, impastare, scartare, meravigliare.
Scrivere:  per scrivere scollegatevi dalla rete e spegnete il cellulare; se incontrate Buddha fatelo fuori, i maestri vanno bene ma poi dovete trovare la vostra strada, il vostro stile; lo scrittore è come una gazza ladra, ruba tutto ciò che luccica; struttura in tre atti: 1 fondare un mondo, dare vita ai personaggi; 2 affrontare il viaggio con le sue infinite possibilità e i suoi ostacoli; 3 decidere come salutarsi. Prendere tutte le ricette e buttarle vie perché ogni storia ha bisogno della sua sua ricetta, domandarsi qual è il vostro tema,  che cosa vi appartiene di più. (1)
Andare in un luogo magico, nelle Highlands, sugli scogli dove si addormentano le foche, in riva all’oceano, in un bosco, camminare scalzi, ascoltare lo stomaco, la parte animale, una voce lieve che ha bisogno di una grande attenzione, e le storie verranno, e saranno tutte vere, alcune accadute, altre accadranno. (2)
Collegarsi alla rete perché narrare è diventato social, coinvolge un sacco di persone, propone un tema, un’azione, un programma, un’application, una piattaforma. Il 24 luglio 2010 gli utenti di Youtube inviarono migliaia di video riguardanti la propria vita quotidiana: il progetto di Ridley Scott  si chiamava Life in a day, il primo social movie della storia. Un format ripreso dalla società di produzione  Indiana e da Gabriele Salvatores con Italy in a day, e destinato a moltiplicarsi con Germany, Spain, France...in a day. (3)
Storie di Lana ha riaperto una fabbrica dismessa, meglio chiamarla una fortezza inespugnabile sul torrente, un vecchio relitto pieno di tesori, per far sapere che Biella è il più vecchio distretto tessile d’italia, che vi si producono i migliori tessuti del mondo, che la trama del rilancio è un Textour al quale tutti sono invitati a partecipare. (4)
La Strada del riso vercellese non è piatta come si potrebbe pensare, attraversa un mare a quadretti, un’opera di ingegneria idraulica voluta da Cavour, comprende la via delle Grange con una chiesa che ospita una scuola, si visita con un Safarisaia per scoprire il riso rosso con i chicchi color ruggine che profumano di tè e liquirizia, e quel territorio quasi sconosciuto fra Milano e Torino. (5)
Raccontare è musica, percezione, ritmo, rottura del ritmo. Per la scienza l’uomo funziona come un filtro passa basso, seleziona alcune onde sonore, il suo campo uditivo comprende solo le frequenze fra i 20 e i 20.000 Hertz, la mente è in grado di reagire in tempi non inferiori a 600 millisecondi. Questo significa che il mondo può essere campionato da un punto di vista  percettivo uditivo e che l’intensità delle risposte emotive, secondo le neuroscienze, è legata alla violazione del principio di buona continuazione: ci emozioniamo quando accade una cosa diversa da quella preannunciata, per esempio in una sequenza di Do maggiore spunta a un tratto un accordo di Mi bemolle maggiore o di Re bemolle maggiore (da vedere Bobby McFerrin in Whatch me play the audience) . Nel sound branding si campionano gli accordi per provocare determinati stati d’animo (spot pubblicitari), con il sound storytelling si rimontano le unità percettive di opere musicali e film ottenendo storie completamente diverse da quelle originali. (6)
Tram quattordici, quello che va in centro, le porte si chiudono, un iPad si accende fra una giacca grigia e delle mani grandi, le parole sono un meccanismo perfetto per credere di aver capito.

venerdì 11 aprile 2014

Storytelling e storyselling



Quando si aggiunge un quid di fantastico, di irrazionale, di sorprendente ad un fatto, ad una esperienza, comincia, forse, la narrazione. Il racconto del primo cacciatore intorno al fuoco segna l’inizio della storia. “Credo che i nostri meccanismi mentali elementari si ripetono dal Paleolitico dei nostri padri cacciatori e raccoglitori attraverso tutte le culture della storia umana. La parola collega la traccia visibile alla cosa invisibile, alla cosa assente, alla cosa desiderata o temuta, come un fragile ponte di fortuna gettato sul vuoto”, scrive Calvino in Lezioni Americane.  Roland Barthes si sofferma su considerazioni analoghe: “Il racconto è presente in tutti i tempi, in tutti i luoghi, in tutte le società; il racconto con la storia stessa dell’umanità; non esiste, non è mai esistito in alcun luogo un popolo senza racconti; tutte le classi, tutti i gruppi umani hanno i loro racconti e spesso questi racconti sono fruiti in comune da uomini di culture diverse, talora opposte; il racconto si fa gioco della buona e della cattiva letteratura; internazionale; trans-storico, transculturale, il racconto è come la vita.”
In cosa differiscono allora Romeo e Giulietta di Shakespeare dai commercial della Coca Cola?
Entrambi vogliono condurci per mano nel loro mondo, cercano di sedurci e per farlo condividono con noi valori e promesse. La differenza, se esiste, è forse nella complessità che è propria della letteratura, e dell’arte in generale, una sorta di profondità che lascia intravedere più lontano. Lo storytelling, così si chiama la tecnica di narrare storie a fini commerciali, è spesso semplice, sempre enfatico, mette in scena stranezze, citazioni, cambi di contesto, offre immagini chiare, senza le complicazioni e le contraddizioni del mito, del romanzo, della poesia. Le tecniche dello storytelling sono adottate anche nel giornalismo, soprattutto televisivo, dove ricostruzioni audio e video, pseudoeventi, lanci commerciali e finte notizie si mescolano alla cronaca dei fatti.
Christian Salmon, autore di Storytelling, la fabbrica delle storie, scrive: “Lo scopo del marketing narrativo non è più semplicemente convincere il consumatore a comprare il prodotto, ma anche immergerlo in un universo narrativo, coinvolgerlo in una storia credibile.  Non si tratta più di sedurre o di convincere, ma di produrre un effetto di credenza.  Non di stimolare la domanda, ma di offrire un racconto di vita che propone dei modelli di comportamento integrati, i quali comprendono certi atti di acquisto , attraverso veri e propri ingranaggi narrativi. Vecchi o giovani, disoccupati o impiegati, sani o malati di cancro, “you are the story”, tu sei un eroe. Il neomarketing opera un sottile slittamento semantico: trasforma il consumo in distribuzione teatrale. Scegli un personaggio, e noi ti forniamo gli accessori. Datti un ruolo, noi ci occupiamo delle scene e dei costumi. Il consumo come unico rapporto con il mondo. Si attribuiscono alle marche i poteri che una volta si cercavano nei miti o nella droga: superare il limite, fare l’esperienza di un sé scevro di pesantezza, volare, planare; ieri erano Icaro o l’LSD, oggi sono la Nike o la Adidas (paragone non condivisibile ndr). Le scarpe da ginnastica sfidano la legge di gravità. Uno sport come lo skateboard ti dà accesso al soprannaturale. Tom Clarck, lo “sciamano delle scarpe da ginnastica”, spiega che “lo sport, ispirandoci, ci permette di rinascere in continuazione”. Le marche sono portatrici di un universo: ci aprono la strada a un racconto di fantasia, a un mondo teatralizzato e sviluppato dalle agenzie di “marketing esperienzale”, la cui ambizione non è più rispondere ai bisogni e nemmeno crearli, bensì realizzare una convergenza di visioni del mondo."
“Visioni del mondo” che oggi convergono, per una parte del Mondo, in un’interazione continua con la Rete produttrice di una narrazione (conversazione) torrenziale, una registrazione continua finalizzata al controllo di dati e al consumo: mi piace questo, faccio così, è successo quello, ho comprato una cosa, sono stato qui e andrò là. Raccontami una storia e compra questo prodotto ... è un “mito”. 

martedì 25 marzo 2014

10 tweet per l'editing


- Rileggete ad alta voce, e con una diversa impaginazione.
- Andate a caccia di refusi, virgole e punti.
- Fate leggere a un amico.
- Verificate tempi dei verbi e concordanze.
- Controllate le parole straniere.
- Evitate  le forme passive.
- Togliete le ripetizioni.
- Non abbondate in citazioni.
- Sciogliete le parentesi.
- Sottraete le parole e i periodi inutili.

mercoledì 19 marzo 2014

20 tweet per scrivere in Rete ... e non solo

1) Il difficile è il messaggio, cercatelo.
2) Scrivere è unire delle parole, non parole.
3) Un verbo ha più forza di un sostantivo.
4) Il segreto è nei dettagli.

Lo storytelling secondo Coca Cola

Storytelling  si potrebbe tradurre con “raccontare storie”, in realtà raccontare storie come fa Sherazade o raccontarsi storie come fa Don Chisciotte serve a sopravvivere e a vivere. La storia raccontata accanto al focolare o all’amico aiuta a riconoscerci prima ancora che ad intrattenerci. Lo storytelling, invece, serve a vendere (in questo senso diventa storyselling), a fare in modo che attraverso un racconto, una storia, non ti dimentichi di quella marca, anzi te ne innamori e la compri.  Lo storytelling è una leva del markenting con basi neuroscientifiche: il racconto attiverebbe le aree del cervello che sono coinvolte nell’azione e quindi sarebbe facilmente memorizzabile. Spesso la storia raccontata non è paragonabile, per struttura, a una favola o a un’avventura. La marca tende a coinvolgere i consumatori facendoli diventare fan, compagni di viaggio, protagonisti di un sogno, di un progetto, di un’iniziativa. Emblematica la recente personalizzazione delle lattine di Coca Cola con i nomi propri delle persone. Non sei più tu a parlare del prodotto, è il prodotto che conversa con te, anzi ti chiama per nome. Come ci si è arrivati?

La content curation e le enciclopedie elettroniche

Le più interessanti sono le case history, arrivano dritte al cuore e lasciano intravedere il lato umano della rete. Le storie, se raccontate con intelligenza, hanno sempre il potere di conquistarci. I termini inglesi hanno lo stesso scopo, quello di catturare la nostra attenzione, senza tenere conto che ci fanno sentire molto update (sul pezzo). Content curation può tradursi con elaborazione dei contenuti. Ma vediamo le case history presentate da Andrea Nelson Mauro al seminario "La content curation applicata all’informazione", organizzato dall’Ordine dei giornalisti del Veneto e svoltosi qualche mercoledì fa tra i blocchi architettonici facciavista del Centro Vega a Marghera. Si comincia con "Fortress Europe"il blog aperto da Daniele del Grande nel 2008. Migliaia di post dedicati alle tragedie dei migranti.

Laboratorio di scrittura creativa e professionale

Comincerei con un gioco. Scegliete un testo, da un giornale, da un blog, da un libro. Diciamo cinque righe. Poi concentratevi sulle parole e cominciate a togliere un aggettivo, a cambiare un sostantivo, a modificare la punteggiatura. Sperimentate. Riscrivete iniziando dall’ultima frase, riassumete le cinque righe con quattro parole, poi con tre, due, una. E ricominciate. Riscrivete con stili diversi: poetico, ironico, giornalistico...e poi confrontate le diverse versioni con l’originale.